Nell’aprile del 2019 un annuncio a sorpresa del sindaco di Genova Marco Bucci ha suscitato in città le reazioni più disparate, soprattutto in Val Bisagno, la zona interessata al progetto. Ma di che si tratta? Occorre dire che, per fortuna, di definitivo non esiste nulla neppure adesso a diversi mesi dalla conferenza stampa, tuttavia è ormai noto che l’attuale Giunta Comunale si è messa in moto per dotare la vallata di una monorotaia adibita a trasporto pubblico di massa. Addio al tram quindi, almeno secondo le intenzioni del sindaco Marco Bucci che lo definisce addirittura superato, preferendogli il filobus e ipotizzando la costruzione di una monorotaia, ribattezzata immediatamente Skytram per regalare in modo ruffiano un tocco di futuro all’infrastruttura e forse per far dimenticare le promesse annunciate in campagna elettorale.
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La città ha reagito alla notizia nel modo più variegato possibile: gli esperti del settore hanno bocciato (con piena ragione secondo noi) questa soluzione, mentre molti cittadini comuni hanno reagito positivamente all’idea. E’ quindi innegabile che questa ipotesi progettuale sia riuscita nell’intento di spaccare in due l’opinione pubblica, ma in realtà non ci si deve stupire poiché quando si parla di monorotaie si comincia a volare con la fantasia e si va rapidamente incontro a una serie di falsi miti che questo tipo di infrastrutture si porta dietro da sempre. Per la maggior parte delle persone parlare di questo Skytram è sinonimo di futuro, di innovazione, di qualcosa che rimanda ai film di fantascienza, senza però sapere che tale opzione è utilizzata pochissimo e comunque in modo molto marginale nel campo del trasporto pubblico. A ciò va aggiunto che mediamente il cittadino non conosce la differenza tecnica tra metropolitana, tram, monorotaia, people mover, etc e quindi tende a definire eccezionale qualsiasi soluzione che preveda l’utilizzo di mezzi gradevoli esteticamente in grado di suscitare fantasie spropositate nei confronti di qualcosa di nuovo. Se poi non rubano spazio al trasporto privato è ancora meglio. Non è un caso che, pur parlando di monorotaia, alcune soluzioni al vaglio della Giunta vadano in tutt’altra direzione, infatti si sta ragionando su mezzi come l’Axonis della Almstom che, di fatto, è una sorta metro automatica concepita per effettuare esercizio su viadotto, oppure su un nuovo ramo della metropolitana collegandolo alla linea esistente.
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Ma la passione per le monorotaie non si ferma qui. Ogni pretesto è buono per riesumare il ricordo della storica Telfer, realizzata nel 1914 per l’Esposizione Internazionale di Igiene, Marina e Colonie e che aveva il compito di trasportare i visitatori dal Molo Giano all’area espositiva dell’odierna Piazza della Vittoria. Quel tipo di infrastruttura (la prima realizzata in Italia) continua a suscitare enormi rimpianti tra la gente, visto che c’è chi, ancora oggi, esprime rabbia per il suo smantellamento senza però rendersi conto che a causa del suo tracciato, quasi interamente collocato in aree portuali, non avrebbe oggi alcun senso o rilevanza in termini di trasporto pubblico locale. Non è un caso che la Telfer restò in funzione pochissimo e che, finita l’esposizione, si tentò di tenerla in vita sfruttandola (senza successo) per il trasporto merci, confermandone la natura di impianto dimostrativo e/o di intrattenimento ed evidenziando la difficoltà a trovare una sua precisa collocazione nel contesto urbano. A conferma di ciò va ricordato l’analogo destino della monorotaia di Torino realizzata dalla Alweg nel capoluogo piemontese nel 1961, in occasione dell’Esposizione Internazionale del Lavoro, e chiusa dopo pochi mesi. Genova sembra quindi continuare a manifestare un interesse atavico nei confronti delle monorotaie, forse per la sua cronica mancanza di spazi nell’ambito urbano, e vittima di ciò è stato anche il figliol prodigo Renzo Piano che nell’ambito dell’ affresco donato alla città più dieci anni fa, concepì il progetto di una monorotaia Aeroporto – San Martino di quasi dodici chilometri, con un tracciato che in gran parte si sarebbe sovrapposto alla metropolitana e che, nella sua parte finale avrebbe ricordato da vicino proprio la Telfer.
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Tornando all’attualità è opportuno rilevare che, in realtà, a Genova ci si sta muovendo non per una ma bensì per due monorotaie. Sì perché mentre ci si sta interrogando sul futuro del trasporto in Val Bisagno, nel pacchetto dei finanziamenti richiesti al Ministero dei Trasporti non è presente quella destinata alla vallata, ma quella progettata per collegare il polo tecnologico degli Erzelli con la futura omonima stazione ferroviaria. Anche in questo caso l’ipotesi fa acqua da tutte le parti, il progetto è a uno stadio arretrato e non convince il ministero, bisogna però evidenziare che si tratta di una proposta per la quale esiste almeno uno studio, cosa che non si può dire al momento per la Val Bisagno. In definitiva, se proprio Genova a livello culturale non riesce a staccarsi dal sogno (o follia) della monorotaia, allora possiamo provare a entrare nel vivo della questione a livello strettamente tecnico per provare a dimostrare che per la Val Bisagno non è auspicabile tale soluzione e che esistono opzioni decisamente più idonee. Non parleranno le sensazioni, ma parleranno i numeri.
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ANALISI TECNICA (A CURA DELL’ING. ALFREDO PERAZZO)
La Val Bisagno, per spostamenti generati, è il secondo bacino di utenza genovese. Nel 2008, le matrici costruite dal Comune di Genova e calibrate sulle presenze del trasporto pubblico, evidenziavano un carico nell’ora di punta pari a 3.000 passeggeri nella direzione verso il centro nella tratta Molassana – Brignole (sponda destra) e di 2.900 passeggeri tra Piazzale G. Ferraris e Brignole (sponda sinistra). Al netto della diminuzione dei passeggeri su trasporto pubblico, legata principalmente alla decrescita demografica della città e al taglio del servizio dell’azienda municipalizzata (-18% delle corse di AMT dal 2008 al 2016), si considera una diminuzione dell’utenza pari al 17%, riduzione che colpisce anche in val Bisagno. Ne consegue che, attualmente, il carico è stimabile attorno alle 2.500 unità in sponda destra, e alle 2.400 unità in sponda sinistra. Nel mentre, il volume generato dal trasporto privato è rimasto costante, a causa della decrescita dell’utenza nel Trasporto Pubblico, compensata dall’aumento dei mezzi a due ruote.
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L’obiettivo, individuato correttamente anche nel PUMS, Piano Urbano della Mobilità Sostenibile, approvato lo scorso luglio, deve pertanto essere la riduzione della pressione veicolare grazie al potenziamento del Trasporto Pubblico Locale. Tuttavia, nel documento programmatico (PUMS), non viene individuato quale modo di trasporto sia più efficiente in termini finanziari, in quanto il modello di traffico si limita ad un mero confronto tra lo scenario dello Stato di Fatto e lo scenario proposto, senza alternative per modo e per piano d’esercizio (PUMS, pag. 217). Anzi, vengono proposte due infrastrutture di cui non vi è traccia nel modello di simulazione:
- Prolungamento della metropolitana verso Sampierdarena
- Skytram, ovvero un’infrastruttura non definita tra Molassana e Brignole. Si ritiene che le idee di riferimento possano essere, come detto, l’Axonis della Alstom o il prolungamento della metro da Brignole, entrambe le soluzioni su impalcato
La presentazione della richiesta di 547 M€ al Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti (PUMS, cap. 5.3.4, pag. 247) per il Bando dedicato alle linee di forza, inviata da AMT e Comune di Genova, propone come modo di trasporto ideale per la città il filobus. Come da notizie delle ultime settimane, il comunicato ufficiale del MIT respinge la richiesta del Comune di Genova per gravi carenze tecniche, chiedendo integrazioni e nuove documentazioni, quali:
- Progetto e studio di fattibilità
- Modello e piano d’esercizio
- Piano economico – finanziario
Alla realtà dei fatti, il Comune di Genova ha richiesto 547M€ senza documenti basilari per il rilascio dei fondi stessi, soldi fondamentali per lo sviluppo infrastrutturale delle linee di forza del Trasporto Pubblico Locale, di cui la Val Bisagno è parte integrante.
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VAL BISAGNO, APPROCCIO PER UNA MOBILITA’ SOSTENIBILE
Si riassumono nel seguente paragrafo alcune analisi atte a consentire ai lettori di costruirsi un’opinione neutrale sull’argomento. Si riportano nella tabella sottostante i dati per modalità di trasporto:
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La validità dei dati è vincolata all’ipotesi di progetto che Bus e Filobus saranno effettivamente pensati con sede protetta nell’interezza dei percorsi. In alternativa i calcoli andrebbero a penalizzare la scelta del modo di trasporto privilegiando il TCSP (Trasporto Collettivo in Sede Protetta su Ferro). La costruzione di una nuova infrastruttura di trasporto pubblico in una direttrice, o la riqualificazione degli assi esistenti, modifica l’attrattività del sistema di trasporto pubblico, portando ad un incremento dei passeggeri di linea. Tale incremento varia pari dal 15% dei mezzi su gomma in sede protetta al 50% (a Firenze il 68% per la T1) dei mezzi su ferro e si divide per:
- Comfort e puntualità
- Effetto rete con altri mezzi su ferro (ferrovia, metropolitana)
Per garantire attrattività al sistema è fondamentale la puntualità del mezzo, possibile solo con l’inserimento di corsie protette lungo tutto il tracciato. La val Bisagno presenta complicazioni dal punto di vista progettuale, data l’insistenza di diversi punti critici. Si ricorda, tuttavia, che il filobus presenta una sezione di 7 metri, il convoglio tranviario da 2,4 metri di larghezza ha sezione pari a 6,30 metri. Riguardo al Comfort di viaggio, 3 persone a metro quadro, circa 110 passeggeri in un autobus/filobus da 18 metri, rappresentano un livello di scarso comfort di viaggio. Prendiamo una linea da 30.000 passeggeri/giorno, 3.000 passeggeri nell’ora di punta per direzione (p.e. Val Bisagno). Se la scelta ricade sul filobus da 18 metri e 110 passeggeri per mezzo (comfort scarso), servono 29 passaggi in un’ora per senso di marcia per trasportare il volume atteso, circa un filobus ogni 2 minuti. Ipotizzando lo stesso comfort di viaggio, per soddisfare la richiesta di volume sarebbe necessario un tram da 36 metri ogni 3,5 minuti. Se per caso si facesse la scelta di Nizza (tram da 44 metri) la frequenza salirebbe a 5 minuti, 4 minuti con comfort alto. Il tram, pertanto, non solo ha un costo d’esercizio inferiore del 25% rispetto al filobus, ma offre più posti per passeggero garantendo pertanto un comfort maggiore. Va fatta una precisazione: un filobus ogni 2 minuti su sede protetta delinea la costruzione di BRT (Bus Rapid Transit). A Genova è complicato riproporre il BRT, a causa della saturazione degli incroci data dall’eccessivo carico veicolare, che difficilmente consentirebbe una programmazione semaforica basata sulle precedenze ai mezzi pubblici con cadenze così ristrette. Con così poca distanza tra mezzi e senza preferenziazione semaforica, si rischia l’accodamento dei mezzi pubblico, con logica perdita di produttività.
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Riguardo all’effetto rete, questo è nullo se gomma – gomma, mentre raggiunge il massimale con interscambio ferro – ferro. Pertanto, un conto è avere uno scambio da bus a ferro (es. da bus collinare a tram/Metro, attrattivo), un conto è avere uno scambio tra ferrovia e tranvia (molto attrattivo), un conto è stoppare la corsa di un autobus per favorire lo scambio su altro autobus (scende ovviamente l’attrattività). Anche in questo caso, il tram garantisce attrattività rispetto ad un filobus. Pertanto, se il filobus fosse totalmente in sede protetta e garantisse un minimo di comfort, potrebbe portare nella migliore delle ipotesi al 18-20% dell’aumento delle persone sul mezzo pubblico sulle direttrici considerate (solitamente un filobus non attrae più dell’8% aggiuntivo dell’utenza). Diversamente, il tram, viaggia tra il 45% ed il 60%. Su una linea da 30.000 passeggeri, un conto è spostare 1.750 persone al giorno (filobus) dal mezzo privato al mezzo pubblico, diversamente il tram consentirebbe lo shift modale tra le 4.300 e le 5.700 unità. Questa differenza di attrattività si ripercuote sui costi sociali, così come dimostrato nei paragrafi successivi.
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LA SCELTA DEL PUMS
Il PUMS, come precedentemente descritto, opta per l’inserimento di un’infrastruttura filoviaria sulla sponda destra del Bisagno, per larghi tratti in sede protetta (soluzioni progettuali rimandate in sede di progetto), coadiuvata da un sistema su impalcato, detto SkyTram (modo di trasporto non definito, forse su sponda sinistra). L’ipotesi di inserire due modi di trasporto paralleli non è produttiva, in quanto si avrebbe una somma dei costi di costruzione e di esercizio, mentre il ricavo rimarrebbe uguale, in quanto il bacino di utenza verrebbe semplicemente diviso tra le due componenti di trasporto. Il costo di costruzione dello SkyTram, indicato sui 60 milioni di euro a km, si andrebbe a sommare agli 8 milioni di Euro a km del filobus con un costo operativo lordo pari ai 15€/km (7,3M€/km Alstom Axonis, paragonabile allo SkyTram, 7,8M€/km filobus); la metrotranvia costerebbe invece 27 milioni di euro a km e avrebbe un costo operativo di circa 13M€/km. Si riporta l’analisi economica base di confronto tra la scelta del PUMS (Filobus + Skytram) ed il possibile inserimento di una metrotranvia:
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Nei 30 anni di vita utile delle opere, l’opzione presentata nel PUMS provocherebbe un disavanzo economico di quasi 500 milioni di Euro ai danni della collettività. Si ha l’impressione che lo SkyTram sia un rimedio successivo alla richiesta di finanziamento presentata dal Comune di Genova in collaborazione con AMT dettato dal fatto che, come spiegato in precedenza, il filobus da 18 metri non sia idoneo a garantire le prestazioni legate alla domanda di trasporto. L’idea di inserire un’infrastruttura parallela all’attuale asse di forza su gomma è giusta solo se sostitutiva delle linee di forza stesse, purché questa sia migliorativa per costi di esercizio ed affidabilità, es. la metrotranvia. Questo è possibile solo con fermate distanti massimo 400 metri l’una dall’altra (non 800 metri come ipotizzato con lo SkyTram) e, soprattutto, accessibili. Inoltre, l’inserimento di un’infrastruttura in rilevato sarebbe percorribile, a Ns. avviso, solo ed esclusivamente nei pressi di via Piacenza, ed è una scelta legata alla discutibile volontà di non alterare i seppur fragili equilibri viabilistici locali.
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LA PROPOSTA DI SCENARIO
Sebbene un BRT (con filobus da 18 o 24 metri) garantisce, in mera analisi economica, un rientro efficace per i volumi in gioco, è anche vero che per le impossibilità tecniche di cui sopra il tram rappresenta la scelta migliore dal punto di vista finanziario, ovvero per via delle ricadute sul Sistema Sanitario Regionale, pagato da ogni cittadino ligure. I costi finanziari dipendono principalmente dal numero di auto e moto circolanti: un mezzo pubblico attrattivo permette di ridurne la quantità. Quel costo sociale vale un ordine di grandezza maggiore rispetto ai costi di esercizio del Trasporto Pubblico Locale. Nella tabella sotto si ha evidenza della differenza sostanziale tra analisi economica (mero costo del trasporto) ed analisi finanziaria, che comprende lo shift modale e le esternalità positive e negative:
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I calcoli danno evidenza delle errate scelte inserite nel Piano Urbano della Mobilità Sostenibile, che non considera il fondamentale impatto dei costi sociali nelle scelte programmatiche. La differenza del costo di costruzione delle infrastrutture (8 Milioni di Euro a km BRT, 27 Milioni di Euro a km metrotranvia), va trovata mediante finanziamento privato (soluzione project financing con gestione della linea) o via pubblica, mediante Regione (coinvolta per via dei successivi risparmi dettati dalla riduzione della spesa sanitaria) o attraverso lo Stato, che ha avuto il merito di bandire un ricco concorso per il finanziamento delle linee di forza. Certo, le opportunità vanno sfruttate. La sponda sinistra, dato l’alto volume di passeggeri in un così breve sviluppo di tracciato (2 km), già in analisi economica evidenzia la necessità dell’inserimento di un vettore su ferro, che permetterebbe un risparmio annuale nella gestione dell’esercizio (1,5 milioni di Euro). Da tali considerazioni si può affermare che il modo di trasporto idoneo per la Val Bisagno è la metrotranvia:
- Tratta Staglieno – Brignole (Metrotranvia su strada)
- Tratta Molassana – Staglieno (Metrotranvia su strada o, se impossibilitati da problemi tecnico/politici, in rilevato)
- Tratta Brignole – G. Ferraris (Metrotranvia su strada)
Tale soluzione sarebbe poco apprezzata dai vertici dell’Azienda Municipalizzata dei Trasporti (AMT) di Genova, in quanto, essendo la metrotranvia una nuova infrastruttura e soggetta a gara europea per la gestione del servizio, andrebbe a penalizzare eccessivamente l’azienda municipalizzata, che rischierebbe di perderebbe il controllo e la gestione di linee quali il 13 o il 14, o il 47. Tuttavia, con le scelte inserite nel PUMS e presentate al Ministero, a farne le spese, ancora una volta, saranno i cittadini genovesi, che non solo non godranno di un mezzo pubblico attrattivo, ma pagheranno costi nascosti come quelli legati al sistema sanitario o all’aumento del costo dell’assicurazione della propria auto o della propria moto.
Articolo a cura di: Alex Bettucchi e dell’Ing. Alfredo Perazzo
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NOTA: Alfredo Perazzo è un ingegnere Edile, con specializzazione nel settore dei Trasporti. E’ stato Saggio del Vicesindaco ed Ex Assessore ai Trasporti del Comune di Genova dott. Stefano Balleari, autore dello studio che ha evidenziato i limiti trasportistici legati al Nodo Autostradale di Genova, verificati e confermati dalla Commissione del MIT. Ha inoltre presentato in diverse sedi richieste di integrazione al PUMS di Genova, sia sul trasporto Pubblico Locale, sia sul trasporto privato e merci, che permetterebbero alla città di ottenere infrastrutture su ferro e su strada, tra cui il tunnel Subportuale, il prolungamento della Guido Rossa a Multedo ed il collegamento tra Campi ed il Casello autostradale di Aeroporto. Ha collaborato per l’attivazione di MiMoto a Genova e per il progetto del Cerchio Rosso di Boeri, vincitore del Concorso del Parco sotto al Ponte Morandi.