Nell’aprile del 2019 un annuncio a sorpresa del sindaco di Genova Marco Bucci ha suscitato in città le reazioni più disparate, soprattutto in Val Bisagno, la zona interessata al progetto. Ma di che si tratta? Occorre dire che, per fortuna, di definitivo non esiste nulla neppure adesso a diversi mesi dalla conferenza stampa, tuttavia è ormai noto che l’attuale Giunta Comunale si è messa in moto per dotare la vallata di una monorotaia adibita a trasporto pubblico di massa. Addio al tram quindi, almeno secondo le intenzioni del sindaco Marco Bucci che lo definisce addirittura superato, preferendogli il filobus e ipotizzando la costruzione di una monorotaia, ribattezzata immediatamente Skytram per regalare in modo ruffiano un tocco di futuro all’infrastruttura e forse per far dimenticare le promesse annunciate in campagna elettorale.

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Il sistema Axonis della Almstom

Il sistema Axonis della Almstom

La città ha reagito alla notizia nel modo più variegato possibile: gli esperti del settore hanno bocciato (con piena ragione secondo noi) questa soluzione, mentre molti cittadini comuni hanno reagito positivamente all’idea. E’ quindi innegabile che questa ipotesi progettuale sia riuscita nell’intento di spaccare in due l’opinione pubblica, ma in realtà non ci si deve stupire poiché quando si parla di monorotaie si comincia a volare con la fantasia e si va rapidamente incontro a una serie di falsi miti che questo tipo di infrastrutture si porta dietro da sempre. Per la maggior parte delle persone parlare di questo Skytram è sinonimo di futuro, di innovazione, di qualcosa che rimanda ai film di fantascienza, senza però sapere che tale opzione è utilizzata pochissimo e comunque in modo molto marginale nel campo del trasporto pubblico. A ciò va aggiunto che mediamente il cittadino non conosce la differenza tecnica tra metropolitana, tram, monorotaia, people mover, etc e quindi tende a definire eccezionale qualsiasi soluzione che preveda l’utilizzo di mezzi gradevoli esteticamente in grado di suscitare fantasie spropositate nei confronti di qualcosa di nuovo. Se poi non rubano spazio al trasporto privato è ancora meglio. Non è un caso che, pur parlando di monorotaia, alcune soluzioni al vaglio della Giunta vadano in tutt’altra direzione, infatti si sta ragionando su mezzi come l’Axonis della Almstom che, di fatto, è una sorta metro automatica concepita per effettuare esercizio su viadotto, oppure su un nuovo ramo della metropolitana collegandolo alla linea esistente.

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Monorotaia Alweg a Torino

Monorotaia Alweg a Torino – 1961

Ma la passione per le monorotaie non si ferma qui. Ogni pretesto è buono per riesumare il ricordo della storica Telfer, realizzata nel 1914 per l’Esposizione Internazionale di Igiene, Marina e Colonie e che aveva il compito di trasportare i visitatori dal Molo Giano all’area espositiva dell’odierna Piazza della Vittoria. Quel tipo di infrastruttura (la prima realizzata in Italia) continua a suscitare enormi rimpianti tra la gente, visto che c’è chi, ancora oggi, esprime rabbia per il suo smantellamento senza però rendersi conto che a causa del suo tracciato, quasi interamente collocato in aree portuali, non avrebbe oggi alcun senso o rilevanza in termini di trasporto pubblico locale. Non è un caso che la Telfer restò in funzione pochissimo e che, finita l’esposizione, si tentò di tenerla in vita sfruttandola (senza successo) per il trasporto merci, confermandone la natura di impianto dimostrativo e/o di intrattenimento ed evidenziando la difficoltà a trovare una sua precisa collocazione nel contesto urbano. A conferma di ciò va ricordato l’analogo destino della monorotaia di Torino realizzata dalla Alweg nel capoluogo piemontese nel 1961, in occasione dell’Esposizione Internazionale del Lavoro, e chiusa dopo pochi mesi. Genova sembra quindi continuare a manifestare un interesse atavico nei confronti delle monorotaie, forse per la sua cronica mancanza di spazi nell’ambito urbano, e vittima di ciò è stato anche il figliol prodigo Renzo Piano che nell’ambito dell’ affresco donato alla città più dieci anni fa, concepì il progetto di una monorotaia Aeroporto – San Martino di quasi dodici chilometri, con un tracciato che in gran parte si sarebbe sovrapposto alla metropolitana e che, nella sua parte finale avrebbe ricordato da vicino proprio la Telfer.

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Tornando all’attualità è opportuno rilevare che, in realtà, a Genova ci si sta muovendo non per una ma bensì per due monorotaie. Sì perché mentre ci si sta interrogando sul futuro del trasporto in Val Bisagno, nel pacchetto dei finanziamenti richiesti al Ministero dei Trasporti non è presente quella destinata alla vallata, ma quella progettata per collegare il polo tecnologico degli Erzelli con la futura omonima stazione ferroviaria. Anche in questo caso l’ipotesi fa acqua da tutte le parti, il progetto è a uno stadio arretrato e non convince il ministero, bisogna però evidenziare che si tratta di una proposta per la quale esiste almeno uno studio, cosa che non si può dire al momento per la Val Bisagno. In definitiva, se proprio Genova a livello culturale non riesce a staccarsi dal sogno (o follia) della monorotaia, allora possiamo provare a entrare nel vivo della questione a livello strettamente tecnico per provare a dimostrare che per la Val Bisagno non è auspicabile tale soluzione e che esistono opzioni decisamente più idonee. Non parleranno le sensazioni, ma parleranno i numeri.

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ANALISI TECNICA (A CURA DELL’ING. ALFREDO PERAZZO)

La Val Bisagno, per spostamenti generati, è il secondo bacino di utenza genovese. Nel 2008, le matrici costruite dal Comune di Genova e calibrate sulle presenze del trasporto pubblico, evidenziavano un carico nell’ora di punta pari a 3.000 passeggeri nella direzione verso il centro nella tratta Molassana – Brignole (sponda destra) e di 2.900 passeggeri tra Piazzale G. Ferraris e Brignole (sponda sinistra). Al netto della diminuzione dei passeggeri su trasporto pubblico, legata principalmente alla decrescita demografica della città e al taglio del servizio dell’azienda municipalizzata (-18% delle corse di AMT dal 2008 al 2016), si considera una diminuzione dell’utenza pari al 17%, riduzione che colpisce anche in val Bisagno. Ne consegue che, attualmente, il carico è stimabile attorno alle 2.500 unità in sponda destra, e alle 2.400 unità in sponda sinistra. Nel mentre, il volume generato dal trasporto privato è rimasto costante, a causa della decrescita dell’utenza nel Trasporto Pubblico, compensata dall’aumento dei mezzi a due ruote.

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L’obiettivo, individuato correttamente anche nel PUMS, Piano Urbano della Mobilità Sostenibile, approvato lo scorso luglio, deve pertanto essere la riduzione della pressione veicolare grazie al potenziamento del Trasporto Pubblico Locale. Tuttavia, nel documento programmatico (PUMS), non viene individuato quale modo di trasporto sia più efficiente in termini finanziari, in quanto il modello di traffico si limita ad un mero confronto tra lo scenario dello Stato di Fatto e lo scenario proposto, senza alternative per modo e per piano d’esercizio (PUMS, pag. 217)Anzi, vengono proposte due infrastrutture di cui non vi è traccia nel modello di simulazione:

  1. Prolungamento della metropolitana verso Sampierdarena
  2. Skytram, ovvero un’infrastruttura non definita tra Molassana e Brignole. Si ritiene che le idee di riferimento possano essere, come detto, l’Axonis della Alstom o il prolungamento della metro da Brignole, entrambe le soluzioni su impalcato

La presentazione della richiesta di 547 M€ al Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti (PUMS, cap. 5.3.4, pag. 247) per il Bando dedicato alle linee di forza, inviata da AMT e Comune di Genova, propone come modo di trasporto ideale per la città il filobus. Come da notizie delle ultime settimane, il comunicato ufficiale del MIT respinge la richiesta del Comune di Genova per gravi carenze tecniche, chiedendo integrazioni e nuove documentazioni, quali:

  1. Progetto e studio di fattibilità
  2. Modello e piano d’esercizio
  3. Piano economico – finanziario

Alla realtà dei fatti, il Comune di Genova ha richiesto 547M€ senza documenti basilari per il rilascio dei fondi stessi, soldi fondamentali per lo sviluppo infrastrutturale delle linee di forza del Trasporto Pubblico Locale, di cui la Val Bisagno è parte integrante.

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VAL BISAGNO, APPROCCIO PER UNA MOBILITA’ SOSTENIBILE

Si riassumono nel seguente paragrafo alcune analisi atte a consentire ai lettori di costruirsi un’opinione neutrale sull’argomento. Si riportano nella tabella sottostante i dati per modalità di trasporto:

Dati per modalità di trasporto

Dati per modalità di trasporto

La validità dei dati è vincolata all’ipotesi di progetto che Bus e Filobus saranno effettivamente pensati con sede protetta nell’interezza dei percorsi. In alternativa i calcoli andrebbero a penalizzare la scelta del modo di trasporto privilegiando il TCSP (Trasporto Collettivo in Sede Protetta su Ferro). La costruzione di una nuova infrastruttura di trasporto pubblico in una direttrice, o la riqualificazione degli assi esistenti, modifica l’attrattività del sistema di trasporto pubblico, portando ad un incremento dei passeggeri di linea. Tale incremento varia pari dal 15% dei mezzi su gomma in sede protetta al 50% (a Firenze il 68% per la T1) dei mezzi su ferro e si divide per:

  1. Comfort e puntualità
  2. Effetto rete con altri mezzi su ferro (ferrovia, metropolitana)

Per garantire attrattività al sistema è fondamentale la puntualità del mezzo, possibile solo con l’inserimento di corsie protette lungo tutto il tracciato. La val Bisagno presenta complicazioni dal punto di vista progettuale, data l’insistenza di diversi punti critici. Si ricorda, tuttavia, che il filobus presenta una sezione di 7 metri, il convoglio tranviario da 2,4 metri di larghezza ha sezione pari a 6,30 metri. Riguardo al Comfort di viaggio, 3 persone a metro quadro, circa 110 passeggeri in un autobus/filobus da 18 metri, rappresentano un livello di scarso comfort di viaggio. Prendiamo una linea da 30.000 passeggeri/giorno, 3.000 passeggeri nell’ora di punta per direzione (p.e. Val Bisagno). Se la scelta ricade sul filobus da 18 metri e 110 passeggeri per mezzo (comfort scarso), servono 29 passaggi in un’ora per senso di marcia per trasportare il volume atteso, circa un filobus ogni 2 minuti. Ipotizzando lo stesso comfort di viaggio, per soddisfare la richiesta di volume sarebbe necessario un tram da 36 metri ogni 3,5 minuti. Se per caso si facesse la scelta di Nizza (tram da 44 metri) la frequenza salirebbe a 5 minuti, 4 minuti con comfort alto. Il tram, pertanto, non solo ha un costo d’esercizio inferiore del 25% rispetto al filobus, ma offre più posti per passeggero garantendo pertanto un comfort maggiore. Va fatta una precisazione: un filobus ogni 2 minuti su sede protetta delinea la costruzione di BRT (Bus Rapid Transit). A Genova è complicato riproporre il BRT, a causa della saturazione degli incroci data dall’eccessivo carico veicolare, che difficilmente consentirebbe una programmazione semaforica basata sulle precedenze ai mezzi pubblici con cadenze così ristrette. Con così poca distanza tra mezzi e senza preferenziazione semaforica, si rischia l’accodamento dei mezzi pubblico, con logica perdita di produttività.

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Riguardo all’effetto rete, questo è nullo se gomma – gomma, mentre raggiunge il massimale con interscambio ferro – ferro. Pertanto, un conto è avere uno scambio da bus a ferro (es. da bus collinare a tram/Metro, attrattivo), un conto è avere uno scambio tra ferrovia e tranvia (molto attrattivo), un conto è stoppare la corsa di un autobus per favorire lo scambio su altro autobus (scende ovviamente l’attrattività). Anche in questo caso, il tram garantisce attrattività rispetto ad un filobus. Pertanto, se il filobus fosse totalmente in sede protetta e garantisse un minimo di comfort, potrebbe portare nella migliore delle ipotesi al 18-20% dell’aumento delle persone sul mezzo pubblico sulle direttrici considerate (solitamente un filobus non attrae più dell’8% aggiuntivo dell’utenza). Diversamente, il tram, viaggia tra il 45% ed il 60%. Su una linea da 30.000 passeggeri, un conto è spostare 1.750 persone al giorno (filobus) dal mezzo privato al mezzo pubblico, diversamente il tram consentirebbe lo shift modale tra le 4.300 e le 5.700 unità. Questa differenza di attrattività si ripercuote sui costi sociali, così come dimostrato nei paragrafi successivi.

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LA SCELTA DEL PUMS

Il PUMS, come precedentemente descritto, opta per l’inserimento di un’infrastruttura filoviaria sulla sponda destra del Bisagno, per larghi tratti in sede protetta (soluzioni progettuali rimandate in sede di progetto), coadiuvata da un sistema su impalcato, detto SkyTram (modo di trasporto non definito, forse su sponda sinistra). L’ipotesi di inserire due modi di trasporto paralleli non è produttiva, in quanto si avrebbe una somma dei costi di costruzione e di esercizio, mentre il ricavo rimarrebbe uguale, in quanto il bacino di utenza verrebbe semplicemente diviso tra le due componenti di trasporto. Il costo di costruzione dello SkyTram, indicato sui 60 milioni di euro a km, si andrebbe a sommare agli 8 milioni di Euro a km del filobus con un costo operativo lordo pari ai 15€/km (7,3M€/km Alstom Axonis, paragonabile allo SkyTram, 7,8M/km filobus); la metrotranvia costerebbe invece 27 milioni di euro a km e avrebbe un costo operativo di circa 13M/km. Si riporta l’analisi economica base di confronto tra la scelta del PUMS (Filobus + Skytram) ed il possibile inserimento di una metrotranvia:

Analisi economica di confronto tra la soluzione PUMS Filobus + SkyTram e la metrotranvia

Analisi economica di confronto tra la soluzione PUMS Filobus + Skytram e la Metrotranvia

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Nei 30 anni di vita utile delle opere, l’opzione presentata nel PUMS provocherebbe un disavanzo economico di quasi 500 milioni di Euro ai danni della collettività. Si ha l’impressione che lo SkyTram sia un rimedio successivo alla richiesta di finanziamento presentata dal Comune di Genova in collaborazione con AMT dettato dal fatto che, come spiegato in precedenza, il filobus da 18 metri non sia idoneo a garantire le prestazioni legate alla domanda di trasporto. L’idea di inserire un’infrastruttura parallela all’attuale asse di forza su gomma è giusta solo se sostitutiva delle linee di forza stesse, purché questa sia migliorativa per costi di esercizio ed affidabilità, es. la metrotranvia. Questo è possibile solo con fermate distanti massimo 400 metri l’una dall’altra (non 800 metri come ipotizzato con lo SkyTram) e, soprattutto, accessibili. Inoltre, l’inserimento di un’infrastruttura in rilevato sarebbe percorribile, a Ns. avviso, solo ed esclusivamente nei pressi di via Piacenza, ed è una scelta legata alla discutibile volontà di non alterare i seppur fragili equilibri viabilistici locali.

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LA PROPOSTA DI SCENARIO

Sebbene un BRT (con filobus da 18 o 24 metri) garantisce, in mera analisi economica, un rientro efficace per i volumi in gioco, è anche vero che per le impossibilità tecniche di cui sopra il tram rappresenta la scelta migliore dal punto di vista finanziario, ovvero per via delle ricadute sul Sistema Sanitario Regionale, pagato da ogni cittadino ligure. I costi finanziari dipendono principalmente dal numero di auto e moto circolanti: un mezzo pubblico attrattivo permette di ridurne la quantità. Quel costo sociale vale un ordine di grandezza maggiore rispetto ai costi di esercizio del Trasporto Pubblico Locale. Nella tabella sotto si ha evidenza della differenza sostanziale tra analisi economica (mero costo del trasporto) ed analisi finanziaria, che comprende lo shift modale e le esternalità positive e negative:

Analisi economica e finanziaria per tratta

Analisi economica e finanziaria per tratta

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I calcoli danno evidenza delle errate scelte inserite nel Piano Urbano della Mobilità Sostenibile, che non considera il fondamentale impatto dei costi sociali nelle scelte programmatiche. La differenza del costo di costruzione delle infrastrutture (8 Milioni di Euro a km BRT, 27 Milioni di Euro a km metrotranvia), va trovata mediante finanziamento privato (soluzione project financing con gestione della linea) o via pubblica, mediante Regione (coinvolta per via dei successivi risparmi dettati dalla riduzione della spesa sanitaria) o attraverso lo Stato, che ha avuto il merito di bandire un ricco concorso per il finanziamento delle linee di forza. Certo, le opportunità vanno sfruttate. La sponda sinistra, dato l’alto volume di passeggeri in un così breve sviluppo di tracciato (2 km), già in analisi economica evidenzia la necessità dell’inserimento di un vettore su ferro, che permetterebbe un risparmio annuale nella gestione dell’esercizio (1,5 milioni di Euro). Da tali considerazioni si può affermare che il modo di trasporto idoneo per la Val Bisagno è la metrotranvia:

  1. Tratta Staglieno – Brignole  (Metrotranvia su strada)
  2. Tratta Molassana – Staglieno (Metrotranvia su strada o, se impossibilitati da problemi tecnico/politici, in rilevato)
  3. Tratta Brignole – G. Ferraris (Metrotranvia su strada)

Tale soluzione sarebbe poco apprezzata dai vertici dell’Azienda Municipalizzata dei Trasporti (AMT) di Genova, in quanto, essendo la metrotranvia una nuova infrastruttura e soggetta a gara europea per la gestione del servizio, andrebbe a penalizzare eccessivamente l’azienda municipalizzata, che rischierebbe di perderebbe il controllo e la gestione di linee quali il 13 o il 14, o il 47. Tuttavia, con le scelte inserite nel PUMS e presentate al Ministero, a farne le spese, ancora una volta, saranno i cittadini genovesi, che non solo non godranno di un mezzo pubblico attrattivo, ma pagheranno costi nascosti come quelli legati al sistema sanitario o all’aumento del costo dell’assicurazione della propria auto o della propria moto.

Articolo a cura di: Alex Bettucchi e dell’Ing. Alfredo Perazzo

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NOTA: Alfredo Perazzo è un ingegnere Edile, con specializzazione nel settore dei Trasporti. E’ stato Saggio del Vicesindaco ed Ex Assessore ai Trasporti del Comune di Genova dott. Stefano Balleari, autore dello studio che ha evidenziato i limiti trasportistici legati al Nodo Autostradale di Genova, verificati e confermati dalla Commissione del MIT. Ha inoltre presentato in diverse sedi richieste di integrazione al PUMS di Genova, sia sul trasporto Pubblico Locale, sia sul trasporto privato e merci, che permetterebbero alla città di ottenere infrastrutture su ferro e su strada, tra cui il tunnel Subportuale, il prolungamento della Guido Rossa a Multedo ed il collegamento tra Campi ed il Casello autostradale di Aeroporto. Ha collaborato per l’attivazione di MiMoto a Genova e per il progetto del Cerchio Rosso di Boeri, vincitore del Concorso del Parco sotto al Ponte Morandi.

La storia dell’inaugurazione della stazione di Dinegro, alla vigilia dei mondiali di calcio del 1990, ormai la conoscono un po’ tutti. Il velo di romanticismo che quello spaccato di vita cittadina si porta dietro fa parte dei ricordi di chi, quasi trent’anni fa, si immaginava un nuovo futuro per il trasporto su ferro di Genova. Quel piccolo e breve tratto della terza metropolitana italiana (dopo quelle di Milano e Roma) sembrava davvero un punto di partenza nuovo per il capoluogo ligure e allo stesso tempo creava una connessione con la prestigiosa rete tranviaria cittadina smantellata sciaguratamente negli anni 60, visto che buona parte del tracciato che collega Dinegro alla sorella Brin si sviluppa lungo l’antica galleria della Certosa, un tempo percorsa dai tram delle linee 9, 10 e 11..

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13 giugno 1990 (R. Camera)

13 giugno 1990 (Foto: R. Camera)

A chi toccò l’onere e l’onore dell’inaugurazione? Il compito spettò all’allora sindaco Romano Merlo, il quale fece una scommessa molto ardita, cioè quella di annunciare che la metropolitana avrebbe dovuto guardare prioritariamente a Ponente, verso Sampierdarena. Lo fece perché a livello tecnico Dinegro fu progettata come stazione di biforcazione e le testimonianze di ciò sono presenti ancora oggi: il binario 3 lato mare (da sempre utilizzato solo come via di servizio) era destinato a ricevere i convogli dalla delegazione ponentina, mentre l’accenno di tunnel scavato (e ben nascosto) poco dopo il marciapiede della banchina della stazione lato monte, cela il punto in cui, con uno scambio, i treni avrebbero sottopassato la galleria in direzione Val Polcevera per immettersi nel secondo tunnel destinato verso Via Cantore e oltre. La storia ha dimostrato che le cose sono andate diversamente ma, nonostante la prossima metropolitanizzazione della rete urbana FS, non sarebbe del tutto un azzardo ripartire da quell’idea, seppur con radicali modifiche al progetto originale. Ma di questo parleremo più avanti nell’approfondimento tecnico.

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Plastico originale di Dinegro (RPW)

Dinegro è l’unica stazione a raso della metropolitana genovese, nata dalla riconversione degli spazi dei vecchi magazzini portuali sotto Via Bruno Buozzi e che ha trovato la sua naturale collocazione a pochi metri dallo storico mercato comunale. La stazione, disegnata e concepita da sua maestà Renzo Piano ha anche una tormentata storia a livello architettonico. Come dimenticare la fantomatica passerella che sarebbe dovuta sorgere sopra Via Buozzi? E come scordarsi del demenziale vincolo posto dall’archistar alla sua creatura (che recentemente pare essere decaduto) e che per anni ha impedito la costruzione di una dignitosa e indispensabile copertura alla scala mobile in uscita dalla stazione, causandone continui e costosi danni dovuti alle intemperie? Essendo una delle stazioni più vecchie Dinegro è inoltre dotata di tornelli, elementi non più presenti nelle stazioni più recenti quali De Ferrari, Sarzano/Sant’Agostino e Brignole, tuttavia non sono mai entrati in funzione e da sempre sono sembrati obsoleti e inadatti allo scopo. Strada in salita insomma, ma alla fine Dinegro si è dimostrata a ragione, o per necessità, uno dei cuori nevralgici della linea essendo a strettissimo contatto con l’officina di manutenzione e il deposito, strutture che nacquero come provvisorie e che poi sono rimaste quasi identiche per venticinque anni costringendo tecnici e operatori a lavorare in condizioni precarie. Numerose furono le ipotesi vagliate per individuare un’area idonea, tra cui quella a Rivarolo presso un’area vicina al Torbella, ma il mancato sviluppo della linea ha inevitabilmente complicato la logistica anche da questo punto di vista.

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Nuovo deposito/officina Dinegro (2018)

La seconda vita di Dinegro comincia nel 2010, la Giunta Vincenzi da’ il via libera a un complesso cantiere per l’ampliamento del deposito e dell’officina, operazione che direttamente stravolge molte delle infrastrutture della stazione, ma che le regala anche un importante restyling. Come da tradizione della metropolitana genovese, i lavori sono durati molto più del previsto a causa di ritrovamenti archeologici, problematiche del suolo e fallimenti delle ditte subappaltatrici e, ancora oggi, la parte a Levante del nuovo parcheggio è ancora da sistemare. Parlare delle caratteristiche del nuovo deposito meriterebbe un articolo a parte, tuttavia in sintesi vale la pena dare qualche numero per far comprendere meglio la mole e l’entità di quanto realizzato. L’ampliamento del deposito è avvenuto sfruttando aree fatiscenti e non sfruttate dalle ferrovie adiacenti all’esistente deposito e sotto la sopraelevata. La superficie finale è oggi di 12.000mq per una lunghezza di circa 600m ed è progettualmente dimensionata in modo da far fronte ai requisiti della metropolitana di Genova nelle massime configurazioni di sviluppo previste. La nuova officina è invece costituita da cinque binari dotati di fosse e impianti adatti a tutte e tre le tipologie di treni. Vecchia e nuova officina restano comunque collegate tra loro tramite un binario a raso che consente la comunicazione tra i due locali.

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Dinegro: nuovo accesso mare

Dinegro: nuovo accesso lato mare (2018)

Per quanto riguarda la stazione vera e propria gli interventi sono stati significativi: il vecchio e provvisorio varco a mare (che in origine fu concepito come uscita di sicurezza) ha subito una radicale trasformazione e adesso esiste un duplice ingresso in muratura che consente di raggiungere i due sottopassi pre-esistenti, inoltre è stato realizzato un nuovo ascensore sormontato da una tettoia (sempre lato mare) che mette in comunicazione la stazione e il park d’interscambio realizzato sopra il tetto del deposito. Facendo un paragone sicuramente azzardato, il sindaco Bucci ha definito questo parcheggio “Il Famagosta di Genova” ma è innegabile che, pur con i suoi evidenti limiti, è l’unico vero polo di interscambio realizzato appositamente in funzione della metropolitana. L’accesso non diretto dalla sopraelevata e la vicinanza al centro relegano, tuttavia, il parcheggio ad un ruolo di secondaria scelta. In conclusione la stazione di Dinegro sembra aver assunto oggi la propria identità definitiva; se la linea in futuro si arricchirà di almeno altre 4-5 fermate, sarà interessante fare una valutazione globale del sistema, perché a quel punto si renderà necessaria l’ottimizzazione di tutte le risorse. Non possiamo infatti dimenticare che un servizio completo non può prescindere da frequenze delle corse più alte, da regolare manutenzione di ascensori e scale mobili, di pannelli e display elettronici sincronizzati e funzionanti.

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Dinegro: scala mobile sempre out!

Dinegro: scala mobile sempre KO! (2018)

Arrivati a questo punto, nello specifico, cosa può mancare ancora a Dinegro? I punti deboli dell’infrastruttura restano gli stessi da molti anni a questa parte ed è piuttosto semplice individuare possibili migliorie; serve una manutenzione extra a tutto tondo, considerando anche l’età della stazione. Le belle aiuole presenti all’inaugurazione sono andate presto incontro a un inesorabile abbandono e i fiori hanno lasciato spazio molto velocemente a sterpaglie e degrado. Urge l’installazione di una tettoia sopra l’uscita con la scala mobile e occorre rivedere la postazione di sorveglianza ormai vetusta e superata. La bigliettazione elettronica prevista in Liguria per il 2019 sembra rendere imprescindibile l’adozione di nuovi tornelli, altro tassello importante per la sicurezza e per contrastare chi viaggia a scrocco, anche se AMT ha, al momento, giudicato troppo onerosa questa scelta. Sarebbe anche auspicabile rendere più vive banchine e sottopassi, magari strizzando l’occhio a ciò che esiste nelle altre città. Per adesso restiamo alla finestra in attesa di avere finalmente un servizio puntuale e completo che poi è l’obiettivo primario che dev’essere garantito da un’infrastruttura onerosa quale è una metropolitana.

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Analisi tecnica: un sogno chiamato Sampierdarena

Siccome la stazione di Dinegro fu predisposta per un’ipotetica estensione a Ponente, e siccome a noi piace cimentarci in inediti approfondimenti tecnici, di seguito proponiamo una sintetica ma attenta analisi di come questa opzione si sarebbe potuta attuare in modo sostenibile, il tutto nell’ambito di cinque scenari distinti di realizzazione di una linea di forza su ferro in direzione Sampierdarena. Occorre partire dalla premessa secondo la quale il ruolo della fermata Dinegro è sicuramente cruciale per l’avvenire della mobilità cittadina: qualsiasi sviluppo verso Ponente di infrastrutture su ferro dovrà tener conto della stazione porta della città.
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In relazione alle possibilità di espansione della direttrice Ponente su ferro si individuano 5 possibilità:

  1. Prolungamento stradale della metropolitana in Via di Francia;
  2. Prolungamento stradale della metropolitana a Sampierdarena/Fiumara;
  3. Prolungamento stradale della metropolitana all’aeroporto;
  4. Linea tranviaria Piazza G. Ferraris – Aeroporto;
  5. Linea tranviaria Piazza G. Ferraris – Principe e linea tranviaria Principe – Aeroporto;

Partendo dallo Scenario 0 del 2022, in cui sarà presumibilmente completato il nodo ferroviario di Genova ed attivato il servizio suburbano, e che probabilmente vedrà il completamento dei prolungamenti del metrò verso Rivarolo e Terralba, si è proceduto con l’analisi delle cinque ipotesi progettuali (Tab.1):
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Tabella 1: Ipotesi di simulazione

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Come proposto dall’ing. Andrea Spinosa nello studio Genova Metro 2.0 pubblicato cinque anni fa, la metropolitana di Genova può essere trasformata in metrotranvia con vantaggi per il Trasporto Pubblico della Superba nel ramo in oggetto. Una possibilità evidenziata, oltre all’inserimento della tranvia a Ponente, è proprio quella di convertire l’attuale metropolitana genovese in metrotranvia. La norma UNI-8379 Sistemi di trasporto a guida vincolata: termini e definizioni definisce la metrotranvia un sistema di trasporto tranviario che consente velocità commerciali e portate superiori grazie a provedimenti atti a ridurre le interferenze con il traffico veicolare e ciclopedonale, a differenza della metropolitana, che deve mantenere una “sede separata e protetta” difesa da presidi architettonici in grado di evitare che mezzi, persone o animali ne occupino la via di corsa.
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Tabella 2: Saliti per ora di punta. Confronto tra scenari

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La soluzione minimale di prolungamento della metropolitana su Via di Francia (ipotizzata dal primo PUM della Giunta Vincenzi), è un soluzione da scartare subito per un inconsistente miglioramento del sistema di trasporto a fronte di una spesa di 70M€. Pare invece interessante l’ipotesi di prolungamento verso Sampierdarena/Fiumara e, con più ambizione, verso Sestri Ponente/aeroporto in quanto può rappresentare un tema centrale per la mobilità genovese e per il futuro della fermata Dinegro, che già dispone del terzo binario per l’espletamento di tale possibilità.

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Tabella 3:

Tabella 3: Percentuale di passeggeri su sistemi di forza su ferro

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L’assenza di conflitto tra il ramo di Ponente della ferrovia Voltri – Terralba (VT) e il ruolo urbano della direttrice metrò di Ponente passante per Via Cantore e Via Cornigliano, consentono di ricavare dati (Tab.2 e Tab.3) dai quali si evince che un eventuale prolungamento della metropolitana comunale fino alla stazione di Sampierdarena non provocherebbe alcuna perdita di carico della VT stessa, mentre l’arrivo in Via Giotto porterebbe uno shift modale del 10% da treno a metropolitana, con un beneficio rilevato nell’assegnazione trasportistica in termini di minori trasbordi e riduzione della distanza complessiva percorsa a piedi (-3%).

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Per un’analisi più completa, va ricordato che l’area cittadina compresa tra Cornigliano e Sestri Ponente è quella maggiormente soggetta a potenziale variazione della domanda, per via delle trasformazioni in ambito aeroportuale, terziario (Parco Tecnologico di Erzelli) e, soprattutto, portuale (Area ILVA). Ad esempio il Parco Tecnologico di Erzelli, in cui si possono prevedere punte di 4.500 passeggeri/ora  45.000 passeggeri/giorno tra università, ospedale ed aziende, ed aeroporto, che nel piano di sviluppo prevede un incremento di passeggeri dagli attuali 1.2 milioni a 3 milioni, genererebbe +600 passeggeri/ora  6.000 passeggeri/giorno, porteranno nuovi passeggeri che si distribuiranno sui due vettori di forza.

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Figura 1: Fermata urbana della linea S4 a Helbronn in Germania

Fermata urbana linea S4 a Helbronn (GER)

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Interessante è anche lo sviluppo lungo Via Cantore/Via Cornigliano. In Europa ed in America esistono diversi esempi di fermate con altezza di banchina vicina agli 88 cm, ovvero quella che occorrerebbe a Genova per completare il tracciato dell’attuale metropolitana leggera. Tuttavia, per semplicità realizzativa, la soluzione tranviaria rimane quella ottimale, nonostante alcune criticità trasportistiche (effetto 4 binari con la metro nel tratto centrale) che rimangono irrisolte allo stato attuale delle proposte del PUMS.

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La fermata di Dinegro, in qualsiasi caso, otterrebbe così la funzione per cui è stata concepita da Renzo Piano: un hub come porta del Ponente
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Articolo a cura di: Alex Bettucchi e Ing. Alfredo Perazzo

La priorità per l’estensione della linea di metropolitana leggera di Genova è da anni la grande incognita che accompagna appassionati e cittadini: Terralba o Rivarolo? Il dilemma pare essersi finalmente risolto in maniera sorprendente. Sono 137,38 i milioni previsti per Genova, che verranno destinati alla Metropolitana, con la realizzazione delle tratte Brin-Canepari e Brignole-Martinez e l’acquisto di 11 treni a trazione autonoma nell’ambito del decreto di riparto di 1,397 miliardi. È infatti notizia recente (2 gennaio 2018) la firma del decreto di riparto per l’estensione ed il rinnovo delle linee metropolitane, tranviarie e filoviarie: nuovi fondi che, con i 665,77 milioni approvati dall’ultimo Cipe ammontano a 2,063 miliardi di euro destinati a lavori e treni per le aree metropolitane e le città dal Nord al Sud d’Italia.

Ora, grazie a queste risorse, la stazione di Canepari è finalmente finanziata (assieme a quella di Martinez): mancano solo la progettazione definitiva e l’accordo con RFI per avviare, finalmente, i lavori. Con la seguente breve analisi si vuole rendere omaggio ad una proposta dell’Ing. Alfredo Perazzo, di qualche anno fa, proprio sulla mobilità nella Val Polcevera.

La fermata Canepari è presente sin dagli albori della progettazione della metropolitana di Genova e la sua realizzazione, incognita per decenni nonostante sia sempre stata presente sui vari livelli di pianificazione cittadina, sembra esser finalmente arrivata ad un dunque. Il raccordo tra il tronchino metropolitano e la sede ferroviaria merci uscente dal Campasso è infatti da sempre motivo discussione e una tra le cause che hanno impedito lo sviluppo della linea in Val Polcevera. Nella prima soluzione proposta da Ansaldo Trasporti, general contractor, la metropolitana avrebbe dovuto raggiungere la delegazione di Rivarolo con tracciato in viadotto (le cui pile sarebbero state appoggiate sulla massicciata ferroviaria della linea merci del Campasso) e capolinea sito in Piazza Pallavicini. La proposta ha trovato un insuperabile ostacolo nella popolazione locale che, seppur vessata da una mobilità pubblica lenta e non attrattiva, si è fermamente opposta al viadotto di collegamento Rivarolo – Brin. Con un’attenta analisi di giudizio, costi elevati ed il piano di bacino non fanno propendere per un tracciato in sotterranea.

Ansaldo variante

Ansaldo variante 1996

Nel 1996, un nuovo progetto di Ansaldo sembra poter dare la svolta al proseguimento della metropolitana verso nord: Canepari sarebbe stata raggiunta sfruttando in parte il sedime della linea ferroviaria del Campasso, con un impalcato che avrebbe scavalcato i binari della ferrovia merci, per poi proseguire con una rampa che avrebbe consentito di adagiare i binari della metropolitana in affiancamento a quelli ferroviari. Anche in questo caso l’opposizione della popolazione bloccò il progetto. Successivamente, venne presentato da Ansaldo Trasporti un nuovo progetto di variante. Tra le principali differenze tra i due progetti risulta evidente il diverso raggio di curvatura, a causa del quale nel progetto di variante è prevista la demolizione di un’ala di un fabbricato. In entrambi i progetti è previsto lo sfruttamento dei binari di destra uscenti dal Campasso, in modo tale da lasciare la possibilità ai convogli merci di transitare sui binari di sinistra.

Ansaldo II° variante

Ansaldo variante 1997(?)

I punti di forza della variante si possono così riassumere: 1) aspetti progettuali e funzionali: la variante rappresenta senz’altro un miglioramento del progetto, essendo venuti meno i vincoli storici di tracciato posti dai rapporti con FS; oltre all’ottimizzazione del tracciato; 2) con la variante verrebbero recuperati maggiori spazi a piano strada lungo la linea, da adibirsi eventualmente a parcheggio; 3) costi: la variante porta ad una lieve riduzione dei costi di realizzazione, valutata inferiore all’1% dell’importo totale della tratta Brin-Canepari 4) tempi: con la variante non si prevedono modifiche alla durata dei lavori di costruzione della tratta 5) aspetti ambientali: il miglioramento dell’impatto visivo della variante comporta sensibili impatti aggiuntivi nell’area di Via Ariosto e Via Brin, sia temporanei (viabilità e cantieristica), sia definitivi (clima acustico, mitigabile, demolizioni).
Il progetto ricevette i finanziamenti necessari alla redazione della fase esecutiva ma le difficoltà a trovare accordi con le FS, le prospettive di demolire l’angolo di un edificio e alcuni piloni del viadotto preesistente di Brin, complicarono nuovamente i piani.

Del prolungamento si torna a parlare nel 2007, poiché inserita nel PUM (Piano Urbano della Mobilità) Canepari non sarebbe stata più pensata come stazione passante ma come stazione di testa, con debite riserve sull’inversione di marcia dei convogli di III Generazione acquistati successivamente. Nel PUM compare anche l’indicazione nuove tratte della metropolitana negli scenari di riferimento, secondo quanto definito nello Schema preliminare del PUM, adottato con DG 586/2007, come elemento “invariante”.

Nel PUM è previsto il collegamento Brin – Canepari in ogni scenario ad eccezione:

–    B 15 Pum8rp, dove addirittura si prevede l’esclusione di Brin dal tracciato metropolitano per lasciar spazio ad una nuova ipotetica fermata a San Benigno (per un probabile parcheggio di interscambio con Genova Ovest). Ciò potrebbe essere riconducibile ad uno sviluppo della Metro direzione Ponente.

–    C15 PUm8f2 nel quale si esclude ogni prolungamento fino a Canepari

Scenari che comunque presentano risultati meno performanti degli altri scenari.

Nello scenario – PUM9, la fermata Canepari scelta capolinea della metropolitana lato Val Polcevera. Il prolungamento fino a P.zza Pallavicini non è previsto in quanto non è stata individuata la fattibilità all’interno del progetto Ansaldo.

Nel 2009 il Comune di Genova chiese al Ministero nuovi finanziamenti sia per la stazione di Corvetto, sia per quella di Canepari, tuttavia entrambe rimasero a lungo nelle retrovie delle graduatorie ministeriali.

 

Sezione Canepari, Ansaldo

Stazione Canepari Planimetria, Ansaldo STS

Stazione Canepari Banchina, Ansaldo STS

 

Nel 2012, anno di aggiornamento del PUM, un gruppo di laureandi ingegneri di cui faceva parte lo stesso autore di questo studio (Chinchio, Franchi, Mignone, Perazzo, Repetto), ha pensato di ribaltare l’ottica del progetto: perché non by-passare i binari del Campasso e proseguire sui binari di sinistra della ferrovia merci fino a RIvarolo?

La possibile e futura fruizione da parte di treni merci da parte di Trenitalia non sarebbe in alcun modo condizionata. La condizione imposta da Trenitalia per la concessione di alcuni binari è infatti quella di non vedere in alcun modo limitate le proprie possibilità nell’eventualità di una futura ripresa dei traffici commerciali su rotaia. L’intervento risulta efficace dal punto di vista funzionale ma presenta inevitabili aspetti negativi, a causa dell’altezza a cui corre il raccordo (circa 10 m) e della vicinanza di quest’ultima con le palazzine residenziali.

Ecco un riassunto del progetto per punti salienti:

IMPATTO VISIVO

La soluzione proposta per questa problematica è quella della parete verde. Un riferimento efficace di questa soluzione si trova a Londra sul lato della stazione della metropolitana di Edgware Road. Oltre a migliorare l’impatto visivo degli edifici della città ed avere quindi un effetto edificante per i cittadini, questi giardini verticali potrebbero migliorare anche la qualità dell’aria. Altra caratteristica del sistema è la riduzione dell’effetto “isola di calore” e di filtraggio dell’inquinamento, purificando l’aria circostante. Il muro “verde” di 200 metri quadrati nei pressi della metro di Edgware Road viene monitorato dall’Imperial College di Londra, che analizza ad intervalli regolari i campioni di foglie per scoprire quanto particolato viene assorbito.

Rampa di raccordo Progetto

Rampa di raccordo Progetto

IMPATTO ACUSTICO

Un substrato composto da pannelli acustici inseriti in prossimità del muro verde verticale allevieranno le conseguenze del rumore provocato sia dai convogli metropolitani sia dai treni merci che manovreranno in queste aree densamente abitate.

Dati tecnici della proposta:

– RAGGIO DI CURVATURA PLANIMETRICO: 45 m

– PENDENZA MASSIMA della linea metropolitana: 5.6%

– PENDENZA RAMPA: 5%

– LUNGHEZZA RAMPA: 100 m

ANALISI AREA FILEA

L’area, allo stato attuale, è in forte stato di degrado: i parcheggi sono disorganizzati, in parte pubblici, in parte a pagamento. Obiettivi principali del progetto erano la riqualificazione della zona e la razionalizzazione degli spazi. A tal fine si proponeva di installare una soletta di copertura, su cui, secondo le idee del gruppo universitario, sarebbero sorti un circolo bocciofila con bar, un campo da calcetto, un tabacchino e un parco giochi per bimbi. Proseguendo verso ovest si sarebbe scesi al fabbricato della stazione. Con questo intervento si sarebbe ottenuto un percorso pedonale e ciclabile ad esclusivo utilizzo dei residenti di Via Piombelli e Via Mansueto. La pedonalizzazione della parte adiacente a Via Canepari di Via Mansueto avrebbe consentito un accesso pedonale diretto e protetto, ponendo la fermata come fulcro degli spostamenti del quartiere.

Pianta area ex Filea

Pianta area ex Filea

Certamente, riprendere in mano un progetto pensato sei anni fa ha portato l’autore a ripercorrere tutte le idee che lo hanno portato a ragionare sullo sviluppo infrastrutturale di Genova: proprio in quel momento egli ha capito che la base di ogni singolo progetto è il quadro generale in cui esso è inserito. Il progetto ivi descritto propone una soluzione limitante nello sviluppo della linea metropolitana, che tuttavia troverebbe il suo capolinea naturale in adiacenza all’attuale fermata ferroviaria di Genova Rivarolo, risolvendo così di fatto l’annoso problema del raggiungimento della meta prefissata da Renzo Piano nell’affresco iniziale. È anche vero che, in un’ipotesi di più ampio respiro, l’idea di proseguire con i binari della metropolitana leggera sul raccordo ferroviario Galleria Granarolo – Ferrovia dei Giovi (tratto che potrebbe essere facilmente dismesso da RFI una volta completato il Terzo Valico dei Giovi), porterebbe ad un possibile capolinea nell’area dell’Ex Mira Lanza, spazio su cui potrebbe sorgere una nuova fermata ferroviaria ma soprattutto un nuovo parcheggio di scambio ferro-gomma.

CANEPARI NEL QUADRO GENERALE

L’arrivo a Canepari è fondamentale per la prosecuzione fino ed oltre Rivarolo. Uno studio dell’autore evidenzia come Canepari non solo sia un punto di ri-partenza per lo sviluppo dell’infrastruttura, ma l’investimento che potrebbe portare maggiore utenza in termini di passeggeri/km e di passeggeri su milione di euro speso, con un aumento dei passeggeri giornalieri nell’ordine del 35%, dagli attuali 36 mila a 48 mila.

Metropolitana attuale

Metropolitana con Canepari e Martinez

 

Nello studio sono state analizzate le potenzialità della metropolitana nella sua espansione sia verso la Val Polcevera, sia verso il Levante cittadino.

Come si può evincere dall’analisi dei flussi eseguita, in caso di completamento del sistema nelle 8 fasi previste, il numero dei passeggeri giornalieri salirebbe a 76800 (23 milioni all’anno). Le fasi possono così brevemente riassumersi:

  • Fase 0, ipotesi attuale;
  • Fase 1, nuova fermata Canepari;
  • Fase 2, nuova fermata Martinez, 2 nuovi convogli da 39 metri;
  • Fase 3, nuove fermate Rivarolo e Terralba, 4 nuovi convogli da 39 metri;
  • Fase 4, intertempo dei treni da 6’ a 4’, 4 nuovi convogli da 39 metri;
  • Fase 5, completamento fermata Corvetto;
  • Fase 6, nuova fermata Mira Lanza, 2 nuovi convogli da 39 metri;
  • Fase 7, nuova fermata San Martino, 4 nuovi convogli da 39 metri;
  • Fase 8, parcheggio di scambio ferro – gomma- metro da 400 posti nell’area Mira Lanza.
Fasi espansione metropolitana

Fasi espansione metropolitana

 

Un piccolo appunto: con l’attuale finanziamento da 138 Milioni di € del decreto di reparto, che prevede lo sviluppo dell’infrastruttura a Martinez e Canepari e l’ordine di 11 convogli da 39 metri, si potrebbe avere un maggiore beneficio attraverso un ulteriore ed immediato prolungamento verso Terralba e Rivarolo, con l’utilizzo dei convogli di prima e seconda generazione in composizione doppia (così come avviene tutt’ora), poiché il volume calcolato non necessita, nemmeno nelle ore di punta mattutine, .composizioni tripla dei convogli.

Metropolitana scenario finale

 

CONCLUSIONE

Pertanto, concludendo, quale soluzione per arrivare a Canepari? La soluzione di variante con l’abbattimento dell’ala del palazzo non solo rappresenta un buon compromesso dal punto di vista dell’impatto ambientale, ma pone le basi per un futuro arrivo della metropolitana a Rivarolo prima, ed un possibile futuro collegamento con l’area Mira Lanza, nella quale potrebbe sorgere una nuova fermata ferroviaria con parcheggio di scambio auto-ferro. Certo è che, in caso di problematiche con l’esproprio dell’ala del palazzo, il progetto elaborato dal gruppo universitario di cui faceva parte l’autore può essere considerato come una valida alternativa, le cui misure di mitigazione e di riqualificazione degli spazi in adiacenza alle fermate e lungo lo sviluppo della linea sono da considerarsi buone pratiche per qualsiasi sviluppo futuro infrastrutturale genovese.

Ing. Alfredo Perazzo, 28 anni, nasce a Genova, città in cui vive tuttora.
Laureato in Ingegneria Edile all’Università di Genova, è consulente in MIC | Mobility in Chain, società di pianificazione dei trasporti con sedi a Milano, New York e Mosca.
Si occupa di mobilità sostenibile, domanda ed offerta di trasporto sia pubblico che privato, studio e monitoraggio di KPIs aziendali e logistici. È socio di AIIT (Associazione Italiana per l’Ingegneria del Traffico e dei Trasporti) e fondatore del gruppo SOS Mobilità.
Nel novembre 2017 è stato nominato “Saggio” dal Vicesindaco di Genova Stefano Balleari per partecipare attivamente alla redazione del Piano Urbano della Mobilità Sostenibile del capoluogo ligure. Nel corso della carriera lavorativa ha collaborato con TTA (Trasporti Territorio Ambiente), LeM Reply, Vernazza Autogru ed IKEA. Nel 2016 ha conseguito con lode il Master di II livello in “Sustainable Mobility and Transport” presso l’Università Link Campus di Roma, con progetto di tesi “Analisi e ricerca di sviluppo di un piano di mobilità per Genova”.