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In un contesto cittadino dove all’orizzonte potrebbero sorgere sia una nuova funivia (Marittima-Forte Begato) sia una nuova cabinovia (Aeroporto-Erzelli), è interessante fare una panoramica sugli impianti di questo tipo che sono stati costruiti in Liguria. Oggi resta attiva e funzionante solo la Funivia Montallegro (Rapallo, 1934), ma nel passato altre due infrastrutture di questo tipo sono state presenti sul nostro territorio e cioè la Funivia del Ferretti (Genova, 1914) e la Funivia Sanremo-Monte Bignone (Sanremo, 1936-1981).

FUNIVIA DEL FERRETTI (O DI SANTA CHIARA)

 

Durante l’Esposizione Igiene Marina e Colonie di Genova del 1914, si voleva trovare un modo per fare ammirare la città dall’alto da un punto di vista privilegiato e si scelse come riferimento la collina di Carignano, la quale si allungava sino alla spianata delle Mura del Prato. Si poneva adesso il problema di raggiungere la location partendo dalla sottostante Piazza di Francia (zona dei padiglioni espositivi). L’incarico per trovare una soluzione fu affidato all’ingegnere bergamasco Alessandro Ferretti che al tempo aveva già realizzato un impianto a fune orizzontale per l’expo di Torino del 1911. In realtà Ferretti fu contattato in prima istanza nel 1913 per realizzare un impianto in grado di collegare la zona espositiva genovese con il porto: tale ipotesi non prese corpo ma l’ingegnere riuscì comunque a dare il suo contributo alla manifestazione fieristica progettando la funivia destinata al trasporto di persone. L’infrastruttura a suo tempo fu molto avveniristica, sino a quel momento le funivie verticali erano destinate al trasporto merci e l’impianto genovese rappresentò un unicum nel panorama italiano. La Funivia del Ferretti (in realtà chiamata funicolare aerea) fu un esempio di tecnologia innovativa e sperimentale, in quanto gli sforzi si concentrarono sugli aspetti legati alla sicurezza. Il valore aggiunto dell’impianto era rappresentato dalla presenza della doppia fune traente, accorgimento che garantiva il mantenimento della sicurezza in caso di rottura di una delle due e, allo stesso tempo, consentiva di ricoverare la cabina in stazione. Importante anche il sistema di frenata automatico, concepito dallo stesso Ferretti. La salita era effettuata con un motore elettrico, la discesa era invece regolata da un triplo sistema di frenatura che ne impediva l’accelerazione. La funivia fu inaugurata il 5 luglio in una domenica piovosa e il successo tra il pubblico fu istantaneo. Le corse avvenivano tra le 09.00 del mattino e le 20.00 di sera a un costo di trenta centesimi per andata e ritorno a bordo dell’unica cabina disponibile. Il percorso era piuttosto breve e collegava quindi Piazza di Francia (oggi Piazza della Vittoria) con la già citata zona delle Mura del Prato. Al termine dell’expo la funivia fu smantellata rapidamente, l’idea era quella di riutilizzarla in qualche modo presso Villetta Dinegro, tuttavia il progetto non andò a buon fine.

FUNIVIA SANREMO – MONTE BIGNONE

 

I primi passi della Funivia di Sanremo risalgono al 1928, quando si pensò di costruire un villaggio turistico sulla cima più alta del Comune da collegare alla parte bassa della città tramite un impianto moderno e avveniristico. Varie furono le diatribe tra l’amministrazione comunale e il costruttore (CIF), i ritardi nel realizzare alcuni servizi (come ad esempio un acquedotto) crearono spesso frizioni tra le due parti. L’impianto fu progettato dall’ing. Tullio Groff, che ne fu anche il direttore per molti anni, dal 1937 al 1981. La funivia entrò in pieno esercizio il 1° luglio del 1937, strutturata su ben 18 piloni si sviluppava in tre tronchi per una lunghezza di 7645 metri e aveva due fermate intermedie: San Giacomo e San Romolo. L’ultimo tratto prima dell’arrivo a Monte Bignone (1299 metri s.l.m.) era costituito da una campata unica di quasi di 2 km, per molto tempo un vero record a livello mondiale. Tempo di percorrenza dell’intera linea, circa quaranta minuti. La stazione di partenza, in Sanremo, fungeva solo da stazione di rinvio delle funi traenti e tensione delle portanti, mentre quella di arrivo a Bignone da motrice delle traenti ed ancoraggio delle portanti. Le stazioni intermedie, invece, erano ibride, poiché verso valle funzionavano da motrici per le funi traenti e ancoraggio delle portanti, mentre verso monte da rinvio delle traenti e tensione delle portanti. Ciascun tronco, quindi, funzionava indipendentemente dagli altri rendendo inevitabile la sincronizzazioni di arrivi e partenze delle cabine presso le diverse stazioni. Il compito di far funzionare la funivia era affidato a motori elettrici di tipo TIBB oltre a quelli a scoppio (per le emergenze) di tipo FIAT e Isotta Fraschini. L’impianto funzionò regolarmente fino al periodo della seconda guerra mondiale, contesto nel quale si registrarono numerosi danni che vennero riparati con estrema difficoltà negli anni a venire garantendo comunque il servizio fino al 1961. Nel frattempo il Comune riuscì a completare l’acquedotto previsto a inizio progetto, tuttavia le eterne conflittualità con il CIF fecero definitivamente naufragare l’ipotesi di costruire il villaggio sul monte. Dal 1963 la gestione passò al Comune che, nonostante i lavori di ammodernamento alla funivia (tempi di percorrenza dimezzati a venti minuti), non riuscì a renderla attrattiva a causa della mancanza di un polo turistico attrattivo sulla cima del monte Bignone, zona che progressivamente andrà incontro ad un precoce abbandono. Nel 1974 l’impianto cominciò nuovamente a mostrare i propri limiti: troppo poche le corse giornaliere e troppo modesti gli interventi di manutenzione e rinnovamento per consentire un servizio adeguato alle necessità. Nonostante qualche anno di gestione oculata, la situazione diventò sempre più critica fino a quando, le pressioni fatte dal Ministero in merito ad interventi non più prorogabili, portano al fermo della funivia nel 1981. Le opere richieste non soddisfarono i dettami ministeriali, furono svolti test e corse di prova ma l’impianto non aprì più. Nel 1984 un fulmine colpì una cabina elettrica e tale evento mise la parola fine alle speranze di riattivazione dell’infrastruttura. A partire dalla seconda parte degli ’80, i progetti di ripristino della funivia si sono sprecati ma senza arrivare ad un punto di svolta e la storia si è ripetuta negli anni ’90. Nel 2013 si è arrivati ad un primo atto concreto, viene firmato un protocollo d’intesa per la costruzione di una nuova funivia, seppur con un percorso modificato rispetto all’originale, in grado di sfruttare l’energia fotovoltaica. Tutto è rimasto nel cassetto e nel 2019 ha fatto capolino una nuova ipotesi, quella cioè di costruire un impianto trifune al posto del vecchio bifune. Ancora oggi alcune cabine (sei in origine) giacciono in loco in stato di abbandono, completamente in preda a continui atti di saccheggio e vandalismo ma parte di esse sono state recuperate e restaurate: una è in mostra al Palafiori di Sanremo, altre sono state portate in musei dedicati e una ha trovato casa presso San Romolo di fronte al ristorante simbolo di Dell’Ava. Per quanto riguarda le quattro ex-stazioni solo due sono state convertite: il capolinea, in via Caduti del Lavoro, ospita un asilo, mentre la struttura di San Giacomo è sede da due associazioni sportive.

FUNIVIA RAPALLO – MONTALLEGRO

 

Il Santuario di Nostra Signora di Montallegro è uno dei luoghi di culto più cari ai rapallesi (e non soltanto). Sorge a circa 600 metri s.l.m., poco sotto le pendici del Monte Rosa, costruito dopo l’apparizione al contadino Chighizola di Canevale (Coreglia Ligure) avvenuta il 2 luglio 1557. Meta di pellegrinaggio da parte dei fedeli di Rapallo e del Tigullio, è conosciuto anche per essere raggiungibile in maniera insolita (almeno per la Liguria): è infatti possibile risalire i circa 600 metri di dislivello a bordo dell’unica funivia ancora funzionante ed attiva della nostra regione. La Funivia Rapallo Montallegro venne inaugurata ufficialmente il 29 agosto 1934, appena quattro anni dopo l’inizio ufficiale dei lavori ad opera della società Agudio di Leinì (tra le più importanti aziende del settore, tuttora operante come parte del colosso Leitner): è singolare il fatto che la strada carrozzabile, che ricalca l’attuale tracciato della strada provinciale 58, venne inaugurata appena 2 anni prima (1932). I cittadini di Rapallo dovettero però attendere il 1935 per l’apertura al pubblico. Le due cabine azzurre sono da anni un elemento caratteristico perfettamente integrato nel contesto urbano della città del Tigullio e permettono di raggiungere in otto minuti il piazzale ove parte la ripida scalinata che conduce al santuario mariano. Di recente è stato costruito un ascensore (a circa 200 metri dalla stazione di monte) per permettere di raggiungere il sagrato del santuario. La costruzione della funivia avvenne in un periodo di massimo splendore per Rapallo: il periodo tra i due conflitti mondiali rappresentò uno dei momenti più fulgidi per la cittadina, meta prediletta di turisti altolocati, attratti dalle bellezze locali. Possiamo citare tra i celebri turisti Ernest Hemingway, W.B. Yeats e Ezra Pound (che per dieci anni visse nella vicina Sant’Ambrogio di Zoagli), senza dimenticare il filosfo tedesco Nietzsche. Rapallo fu peraltro anche sede di importantissimi trattati di pace alla fine della prima guerra mondiale. In questo contesto vi fu l’espansione e la creazione della passeggiata a mare, con i suoi alberghi in stile liberty e, in un clima cosi vivace, ricco e frizzante venne l’idea di rendere più accessibile e vicino l’amato santuario, dal quale nascono le tradizioni ancora oggi celebrate nelle note feste di Luglio. Da un punto di vista puramente tecnico la funivia è costituita da un anello di trazione lungo 5000 metri, la lunghezza inclinata dell’impianto è di circa 2390 metri per 600 metri di dislivello. Le cabine, che si incrociano a metà percorso, possono trasportare 24 passeggeri (+ 1 manovratore). L’impianto ha subito importanti opere di ammodernamento negli anni ’80 del novecento e restò chiuso dal 1976 al 1984 per problemi legali legati al fallimento della società che all’epoca lo gestiva. Dall’inaugurazione del 1984 la funivia è sempre stata attiva (pur con numerosi cambi di gestione, tra cui si segnala anche quella della ormai defunta Tigullio Pubblici Trasporti) e oggi è gestita dall’azienda Doganaccia 2000 di Pistoia. La stazione a valle, sita a poche centinaia di metri del famoso Castello sul mare di Rapallo, in una zona fortemente abitata, risale i quartieri di Borzoli e Costasecca: dopo pochi minuti le case sono solo un ricordo e si può apprezzare una spettacolare vista sul golfo del Tigullio.

 

Articolo a cura di: Alex Bettucchi e Luca Bono

Siamo alla fine dell’anno scolastico 2020-21 che mai come questa volta è stato travagliato, sia da un punto di vista trasportistico sia da quello puramente didattico. Se le scuole primarie e secondarie inferiori hanno avuto una continuità di presenza in classe, lo stesso non si può dire per le secondarie superiori, con ripetute alternanze tra lezioni in presenza o in didattica a distanza (DAD). Per cercare di garantire il distanziamento sociale, che sui bus altrimenti era impossibile, visto il non aumento delle corse a settembre, dal 26 ottobre 2020 vengono create, in ambito urbano, nove linee scolastiche che operano dalle 7 alle 9 del mattino e il servizio è svolto da AMT con i tradizionali bus urbani.

Le linee sono le seguenti:

La gestione delle linee in questo primo periodo è decisamente difficile, in quanto se nella prima settimana gli orari non sono pubblicati da nessuna parte e i bus spesso viaggiano vuoti, già nella seconda settimana di novembre la situazione Covid-19 peggiora e le scuole superiori vengono chiuse. I bus viaggiano mestamente vuoti ancora qualche giorno e dal 11 novembre tutte le linee scolastiche sono sospese. Il 25 gennaio 2021 le scuole superiori riaprono, con presenza al 50%: il servizio viene riproposto con un deciso passo in avanti sia negli orari (dalle 7 alle 10 e dalle 12 alle 16) sia nel numero di linee: in ambito urbano passano da nove a dodici (con qualche modifica nei percorsi rispetto a quelli di ottobre), ma soprattutto si devono aggiungere tutte le corse dedicate agli studenti che provengono da fuori comune. La novità principale è però l’affidamento di questi servizi agli operatori privati, che per svolgerlo utilizzano dei bus Gran Turismo. Dall’8 marzo, con la nuova chiusura delle scuole superiori, vengono logicamente sospese le corse delle linee scolastiche: questa volta lo stop è più breve e, dal 12 aprile, con la ripresa delle lezioni in presenza, tutte le linee ritornano in servizio ininterrottamente fino alla fine dell’anno scolastico. Nella tabella seguente sono indicate solamente le linee svolte all’interno del comune di Genova.

Fare un bilancio per questo servizio non è semplicissimo in quanto, come visto sopra, è stato svolto in tre fasi, di durata e modalità diversa. Sicuramente il primo tentativo non ha riscosso successo, sia per gli orari, che spesso non erano in linea con quelli di inizio lezione, e per il fatto che poi, a fine lezione, gli studenti erano obbligati a utilizzare le linee tradizionali, ma a parziale scusante vi è da dire che questa fase è durata davvero troppo poco e non c’è stato il tempo per ottimizzarla. Un deciso passo in avanti è stato fatto nelle altre due fasi dove, oltre ad avere bus dedicati ai ragazzi sia ad inizio sia a fine lezione, è stata fatta maggior attenzione nel pubblicizzare queste linee, con orari presenti sul sito fin da subito. Anche quì i primi giorni hanno visto le vetture viaggiare spesso vuote, ma piano piano i ragazzi hanno preso confidenza con questo servizio e hanno iniziato a utilizzarlo.

Ovviamente non mancano alcune cose da migliorare, specialmente nell’ottica di ripetere il servizio, come ad esempio:

  • Ottimizzare la frequenza e soprattutto gli orari (in alcuni casi per alcune linee le corse potevano terminare prima, in maniera da evitare inutili viaggi a vuoto)
  • Mettere dei cartelli alle fermate con indicato la linea scolastica che vi transita
  • Prevedere una linea che copra il servizio per circonvallazione a monte

Nel complesso l’iniziativa si è dimostrata utile e anche se si spera che il prossimo anno scolastico venga svolto in condizioni di normalità, sempre in presenza e magari senza tanti vincoli sul distanziamento sociale, non possiamo non escludere che si debba nuovamente fare ricorso a questo servizio che, se pianificato bene, può essere un buon incentivo per non utilizzare i mezzi privati per portare i figli a scuola e per permettere alle tradizionali altre linee urbane di non viaggiare in condizioni di sovraffollamento.

Foto e articolo a cura di: Andrea Aleo

E’ indubbio che le dirette dedicate ai libri sul TPL organizzate da Genova Underground abbiano riscosso molto successo e tale gradimento è stato riscontrato anche da parte di diversi autori stessi dei volumi che abbiamo proposto. Proprio per questo abbiamo deciso di intervistare uno di essi, in modo tale che ci raccontasse un po’ la sua esperienza in questo campo. Corrado Bozzano nasce nel gennaio del 1945 a Genova (dove abita tuttora), sposato con due figli. Dopo il diploma e il servizio militare fu assunto al Banco di Chiavari e della Riviera Ligure e ben presto destinato ai Servizi della Direzione Generale, fra i quali l’Organizzazione, del quale nel tempo divenne responsabile. Il settore bancario (in particolare in quei servizi specializzati) gli piaceva molto, anche se la prima domanda di lavoro (senza successo perché in quel momento non c’era necessità di impiegati) la inviò alla SATI, importante società di autolinee.

1) Corrado Bozzano da dove nasce la tua passione per il trasporto pubblico? Quando hai iniziato ad appassionarti e a maturare l’idea di scrivere su questo argomento?

Non so dire come sia nato questo interesse. Da ragazzini, un po’ tutti eravamo attratti dai diversi mezzi di trasporto, sia reali, sia riprodotti nei giocattoli e nel modellismo. Oltre ai veicoli, però, fui subito interessato dal servizio, iniziando da quello genovese ma ben presto di tutta la regione: le linee delle diverse imprese, la tipologia e le particolarità delle concessioni, i relativi orari. Conseguentemente ero venuto a conoscere anche le più piccole località, seguendo i percorsi delle autolinee gestite dalle numerose concessionarie di allora ed aggiornandomi con le successive continue variazioni. L’idea di scrivere qualcosa sui trasporti mi venne invece molti anni dopo, sia perché dapprima non pensavo che l’argomento potesse rivestire interesse (su questo iniziò a farmi un po’ ricredere l’uscita nel 1965 del libro Signori in vettura di Ogliari e Sapi), sia, soprattutto, perché inizialmente disponevo soltanto di dati “praticamente attuali”, che erano alla portata di tutti.  Dalla conoscenza della situazione dei servizi nella seconda metà del Novecento, avevo intanto iniziato le ricerche sulla prima parte del secolo, ricorrendo alle più diverse fonti di informazioni, per cui, disponendo anche di notizie ed immagini “storiche”, mi sarebbe piaciuto pubblicare qualcosa (avrei iniziato dai “Celere” di Genova o dall’area del Tigullio) ma, per i crescenti impegni di lavoro, mi ero ormai rassegnato ad attendere la pensione. Una sera, però, fui chiamato dagli amici Roberto Pastore e Claudio Serra: preparavano un libro sulla ferrovia Genova-Ovada-Acqui e volevano completarla con il trasporto su strada in quel territorio. Subito d’accordo, fummo in tre a predisporre La Freccia del Turchino, al quale seguirono diversi altri libri, con un sodalizio duraturo (ma non esclusivo, pubblicai anche volumi con altri amici, a seconda del territorio), grazie ad una visione comune sui criteri da seguire. Curavo in particolare la parte su gomma, anche se ci scambiavamo reciprocamente note ed osservazioni per completare quanto preparato da ciascuno e dare la necessaria uniformità ai testi.

2) Nell’era di internet, quali sono le difficoltà che si continuano a riscontrare nel reperimento di materiale storico destinato a libri di nicchia come i tuoi?

Le mie ricerche storiche, che tendevano dapprima ad individuare l’inizio, località per località, dei servizi pubblici a motore, creati ex novo o quasi sempre derivanti da precedenti collegamenti a trazione animale, con il tempo riguardarono anche a questi ultimi, che avevano le medesime caratteristiche e normative, salvo la diversa trazione. Le difficoltà in queste ricerche – che mi ricordano, mi si passi il termine, l’archeologia (anche in questo caso, più si viene a conoscere, più ci si accorge che occorre trovare qualcosa che esisteva ancor prima) – con il retrocedere nel tempo evidentemente aumentano. La documentazione cartacea prodotta nel tempo fu incalcolabile: corrispondenza fra imprese ed Enti, atti notarili, delibere comunali, verbali di assemblee societarie: già ai tempi della trazione animale, anche una semplice variazione di orario comportava una nutrita corrispondenza fra più parti. Molta di questa carta sarà purtroppo ormai distrutta (invii al macero, incendi, eventi bellici) ma ne esiste certamente molta ancora in tanti archivi: qui occorre distinguere fra quelli “storici”, o comunque costituiti per essere consultati dal pubblico, e quelli “normali” di aziende od enti ai diversi livelli (non accessibili al pubblico). Se la consultazione dei primi – attuale periodo Covid a parte – non crea di norma problemi (salvo il tempo per recarvisi, quando lontani dalla propria residenza), per gli altri il discorso è naturalmente più complicato perché, accertatane l’esistenza, giustamente occorre inviare una motivata richiesta o chiedere un appuntamento, recarsi in loco, e soprattutto – una volta ottenuto l’accesso con il distacco di un dipendente che presenzi alla visita – trovare un archivio con cartelle e faldoni che nel tempo siano stati classificati e ordinati correttamente e razionalmente (situazione non scontata, purtroppo, in decenni e decennì di operatività). Da tempo sono state adottate in certi settori soluzioni di archiviazione elettronica, che rendono disponibili in rete documenti o pubblicazioni, anche se per ora si tratta di iniziative molto positive ma numericamente limitate. Penso alla documentazione sul settore che seguo, ma si tratta di una infinitesima parte di tutta quella prodotta negli anni per le diverse attività, economiche e meno, pubbliche o private, e ancora conservata. Un lavoro immane, con necessità di risorse già soltanto per la sua programmazione, con criteri di selezione validi e uniformi, almeno per gli enti della stessa categoria.

3) Quanto peso credi che possa avere la narrazione dell’evoluzione del TPL per poter anche raccontare i cambiamenti socioeconomici di una città, di una regione o addirittura di un paese?

l trasporto pubblico locale, con i suoi alti e bassi (fra indispensabile, utile, necessario, a seconda del periodo e del territorio), è stato intimamente legato alla vita quotidiana dei cittadini, per cui i libri che scriviamo – più storici che tecnici – con l’evoluzione dei servizi parlano di quella dei relativi contesti. Inoltre, queste pubblicazioni sono sempre ampiamente illustrate, e le sole immagini sono sufficienti a evidenziare come sia cambiata la vita nel corso del tempo. L’esistenza del trasporto pubblico non ha soltanto assecondato le varie attività, economiche e non, ma in certi casi le ha rese possibili: un solo esempio, dall’ultimo volume Dalle ruote alle ali sul trasporto pubblico a Sestri Ponente: da Savona a Genova le diligenze dell’Ottocento impiegavano oltre sei ore, con sosta intermedia per il cambio dei cavalli. Fra Genova e Torino ne occorrevano ventuno, con il pernottamento a metà strada. Oltre una certa distanza dalle città o dalle fabbriche, con tali tempi di viaggio in andata e ritorno, quanto ne sarebbe rimasto per una giornata lavorativa? I pendolari nacquero con la ferrovia, seguita poi dalle tranvie elettriche e dalle prime autolinee. Anche per il tempo libero l’evoluzione del trasporto pubblico locale fu parallela a quella delle abitudini e dei costumi: attorno alla metà del Novecento, nella buona stagione la domenica vi erano, per la stessa partenza mattinale verso località collinari allora molto apprezzate, anche due o tre autobus (in bis o in ter, come si diceva), e per le più vicine erano previste ulteriori frequenti corse pomeridiane per trascorrere anche solo qualche ora “in campagna”. Su certe linee gli orari festivi prevedevano più corse che in quelli feriali, mentre, con il passare degli anni, il servizio festivo è andato via via riducendosi, e per diversi abitati minori le corse sono ormai soltanto feriali. Non dimentichiamo i servizi Gran Turismo, che nei decenni scorsi “crearono utenza”, offrendo a turisti e residenti opportunità altrimenti non fruibili, anche a beneficio degli esercizi commerciale delle località di destinazione.

4) A quale libro sei più affezionato? Magari hai qualche aneddoto da raccontarci…

E’ una risposta difficile… potrei dire Una Fiumana bella o Un autobus chiamato Celere, ma solo perché erano quelli che desideravo fare da anni… In realtà, di tutti quelli che abbiamo fatto ho un ottimo ricordo, anche perché, pur partendo da un buon livello di conoscenza generale degli argomenti di volta in volta trattati, abbiamo voluto sempre approfondirla con ulteriori ricerche e visite sui relativi territori, apprendendo quindi qualcosa di nuovo. Personalmente preferisco comunque pubblicazioni relative ad un territorio limitato, così da approfondire meglio e nel dettaglio l’evoluzione di quei servizi, con riferimenti, citazioni, aneddoti e immagini su quanti vi operarono direttamente, titolari, soci e dipendenti delle imprese. Aneddoti ne abbiamo raccontati molti, in ogni libro, che più trattare il trasporto pubblico offrono spaccati sulla vita di allora. Da quando, ai primi del Novecento, era più semplice acquistare un autobus che trovare un autista con patente adeguata, agli anni del secondo dopoguerra, quando d’inverno, nell’entroterra, per le prime corse operaie verso la città, titolari e dipendenti ben prima dell’alba accendevano un fuoco sotto il motore degli automezzi per facilitarne l’accensione, all’impresa concessionaria di una linea per un’area industriale con due sole corse, una la mattina ed una la sera per riportare i lavoratori, che avrebbe avuto il problema di lasciare inoperosi per l’intera giornata dipendenti ed autobus… Problema risolto facendo prendere la patente a parenti – operai in una di quelle fabbriche – che di giorno lavoravano in tuta e la mattina e la sera erano in divisa da autista e bigliettaio.

5) Hai dei libri in cantiere per il futuro? Puoi anticiparci qualche cosa?

Da tempo stavo preparando con Claudio Serra un volume sulla storia del trasporto pubblico in Val Bisagno e nella Val Trebbia ligure, dalla trazione animale ai giorni nostri. Eravamo piuttosto avanti, ma la pandemia ci ha impedito di fare una serie di accertamenti per completarlo. Speriamo – prima di tutto ovviamente per la salute di tutti – di uscire dal tunnel nei prossimi mesi. Poi avrei in programma, con Achille Pennellatore di Sanremo, un libro sulla provincia di Imperia. Un lavoro piuttosto impegnativo se fatto, come vogliamo, accuratamente. Inoltre, molti dei libri usciti sono andati esauriti, per cui potrebbe essere utile riprenderli in esame, ma non come semplice ristampa: le nostre ricerche sulla storia di questo settore infatti proseguono, indipendentemente dalla produzione o meno di libri, per cui alla ristampa preferiamo la nuova edizione aggiornata (come abbiamo già fatto per due di questi, La freccia del Turchino e Un autobus chiamato Celere). Questa però, a differenza dalla ristampa comporta sempre lavoro, sia per l’aggiornamento ai giorni nostri, sia per l’inserimento di dati o notizie del passato successivamente reperite. Nel caso decidessimo, occorrerebbe naturalmente la valutazione di un editore, giustamente direttamente interessato all’aspetto e alla convenienza commerciale di queste iniziative. Per parte mia mi limito a questo, che sarebbe già tanto, non voglio fare progetti da quarantenne, avendone ben di più!

Ringraziamo Corrado Bozzano per la sua disponibilità e concludiamo questo spazio a lui dedicato con l’elenco delle sue opere che potete trovare qui di seguito:

  • 1999La Freccia del Turchino..(C. Bozzano – R. Pastore – C. Serra)Compagnia dei Librai (1)
  • 2002 – Da Genova alla Valle del Po..(C. Bozzano – R. Pastore – C. Serra) – Compagnia dei Librai
  • 2003 – Una Fiumana bella..(C. Bozzano) – Nuova Editrice Genovese
  • 2004 – Prendiamo il Laviosa..(C. Bozzano – R. Pastore – C. Serra) – Nuove Edizioni del Giglio
  • 2005 – Un autobus chiamato “Celere”..(C. Bozzano – R. Pastore – C. Serra) – Nuova Editrice Genovese (2)
  • 2007 – Genova-Savona andata e ritorno..(C. Bozzano – R. Pastore – C. Serra) – Fratelli Frilli Editori
  • 2007 Polvere di STEL (Alfano – Anfossi – Bozzano – Nigrelli – Pennellatore) – Nuova Editrice Genovese
  • 2008 – Le autolinee della Riviera..(C. Bozzano – P. Mussapp – M. Tarditi) – Fratelli Frilli Editori
  • 2010 – Tra mare e monti da Genova alla Spezia..(C. Bozzano – R. Pastore – C. Serra) – Nuova Editrice Genovese
  • 2011 – Una corriera per Sant’Olcese..(G. Bevegni – C. Bozzano) – Nuova Editrice Genovese
  • 2012 – Una corriera per Pedemonte..(G. Bevegni – C. Bozzano) – Nuova Editrice Genovese
  • 2014 – Genova in salita..(C. Bozzano – R. Pastore – C. Serra) – Nuova Editrice Genovese
  • 2016 – Storia illustrata della Ferrovia Genova-Casella..(C. Bozzano – R. Pastore – C. Serra) – Edizioni il Geko
  • 2018 – Dalle ruote alle ali..(C. Bozzano – C. Serra) – Edizioni il Geko

 

Note:

(1) Nel 2008 seconda edizione a cura Nuova Editrice Genovese

(2) Nel 2013 seconda edizione a cura Nuova Editrice Genovese

Intervista a cura di: Luca Bono

Il 04 febbraio 2021 è stata inaugurata la linea CST che consente, per la prima volta, al trasporto pubblico, di penetrare nel cuore dei caruggi genovesi.

 

 Si tratta di una linea sperimentale, con durata iniziale prevista di sei mesi e che ha la particolarità di essere una linea elettrica, in quando è previsto l’impiego esclusivo di vetture full electric. Sicuramente l’obiettivo principale di questa linea è quella di agevolare la mobilità dei residenti del centro storico, ma può essere tranquillamente utilizzata dai turisti, per poter così scoprire alcuni angoli nascosti della Superba. Nel periodo sperimentale la linea sarà completamente gratuita e resterà attiva tutti i giorni dalle 7.30 alle 13.30 e dalle 15.30 alle 20.00, con una corsa ogni 30 minuti. Le attuali limitazioni dovute all’emergenza sanitaria, con le relative restrizioni per il distanziamento sociale, consentono alla vettura di poter trasportare contemporaneamente solamente tre persone (contro le sei che sarebbe possibile trasportare in condizioni normali). Il percorso è veramente suggestivo e prevede la partenza da piazza Caricamento (lato piazza Banchi) per poi dirigersi in piazza Cavour e successivamente da via Turati, per poi svoltare a destra per via San Giorgio. Da qui si percorrono le strette strade che conducono a Porta Soprana, passando per via dei Giustiniani, via di San Donato e salita del Prione. Una volta passati sotto l’arco, si percorre via Meucci per arrivare in piazza De Ferrari e, passando da via Petrarca, percorrere un tratto di via San Lorenzo. All’altezza della cattedrale si svolta per via di Scurreria, piazza Campetto, via degli Orefici per poi tornare in piazza Caricamento.

 

È ancora presto per valutare se la linea viene utilizzata o meno, in quanto il divieto si spostamenti tra regioni ha di fatto azzerato il turismo e quindi al momento la linea è utilizzata dai residenti e da qualche genovese incuriosito dalla novità. Le criticità maggiori lungo il tragitto sono rappresentate dal passaggio in via San Lorenzo e nel tratto di strada tra piazza Campetto e piazza Caricamento, in quanto il transito nelle ore di punta è sicuramente ostacolato dai chi va a farsi due passi nei caruggi. A mio avviso è un progetto interessante che, opportunamente pubblicizzato, potrebbe rendere necessario un raddoppio di corse, con l’utilizzo di una seconda vettura. Allo stato attuale l’iniziativa è ancora poco conosciuta ed anche il capolinea di piazza Caricamento è decisamente anonimo, facendo pensare alla gente che quello sia un taxi in attesa di passeggeri e non la vettura dedicata ad una linea che può far conoscere il cuore della città da un punto di vista un po’ diverso dal solito.

Foto e articolo a cura di: Andrea Aleo